4. Gesù dice anche: «Non fate assolutamente pagare le vostre preghiere. Guardatevi dagli Scribi che divorano le case delle vedove e fanno lunghe preghiere»; ossia
s'impossessano delle loro fortune. La preghiera è un atto di carità,
uno slancio del cuore. Far pagare quelle che si rivolgono a Dio per
conto di altri significa essere degli intermediari salariati, e la
preghiera diventa allora una formula la cui durata è proporzionale alla
somma pagata. Ora, è possibile che Dio commisuri le sue grazie secondo
il numero delle parole? Se sono necessarie molte preghiere, perché dirne
poche, o addirittura nessuna, per chi non può pagare? Questa è mancanza
di carità. Se una sola preghiera basta, il di più è inutile. Perché
dunque farlo pagare? È una prevaricazione.
Dio non vende i
benefici, ch'Egli concede. Perché dunque chi non ne è neppure
l'erogatore né può garantirne il conseguimento, dovrebbe farsi pagare
una richiesta che può essere senza esito? Dio non può subordinare a una
somma di denaro un atto di clemenza, di bontà o di giustizia che si
implora dalla Sua misericordia. Altrimenti ne conseguirebbe che, se la
somma non venisse pagata o fosse insufficiente, la giustizia, la bontà e
la clemenza di Dio verrebbero annullate. La ragione, il buon senso e la
logica ci dicono che Dio, perfezione assoluta, non può delegare a
creature imperfette il diritto di applicare un prezzo alla Sua
giustizia. La giustizia di Dio è come il sole: la sua luce si spande su
tutti, sul povero come sul ricco. Se si considera immorale commerciare
le grazie di un sovrano sulla Terra, è forse più lecito vendere quelle
del sovrano dell'Universo?
Le preghiere pagate hanno un altro
inconveniente: chi le compera si ritiene quasi sempre dispensato dal
pregare lui stesso, perché si considera come esonerato dal momento che
ha dato i suoi soldi.
Si sa che gli Spiriti sono colpiti dal
fervore del pensiero di quelli che si rivolgono a loro. Quale può essere
il fervore di chi, pagando, affida l'incarico a una terza persona
perché preghi in sua vece? Quale può essere il fervore di questa terza
persona quando essa delega il mandato a un'altra, e questa a un'altra
ancora, e via di seguito? Non significa forse abbassare l'efficacia
della preghiera a livello di moneta corrente?