20. Miei
buoni amici, perché mi avete chiamato? È per farmi imporre le mani
sulla povera sofferente, che si trova qui, e guarirla? Ah! che
sofferenza, buon Dio! Ha perso la vista, e le tenebre scendono su di
lei. Povera fanciulla! Che preghi e speri, io non so fare miracoli, io,
senza la volontà del buon Dio. Tutte le guarigioni che ho potuto
ottenere e che vi sono state segnalate, attribuitele solo a Colui che
per noi tutti è il Padre nostro. Nelle vostre afflizioni, guardate
dunque sempre il cielo e dite dal profondo del vostro cuore: «Padre mio,
guaritemi, ma fate che la mia anima malata sia guarita prima delle
infermità del mio corpo; che la mia carne sia castigata, se necessario,
affinché la mia anima si elevi verso di Voi con il candore che aveva
quando è stata creata». Dopo questa preghiera, miei buoni amici, che il
buon Dio intenderà sempre, vi saranno dati la forza e il coraggio e, può
darsi, anche quella guarigione che voi avete chiesto solo timidamente,
come ricompensa della vostra abnegazione.
Ma poiché io sono
qui, in un'assemblea in cui si tratta prima di tutto di studio, vi dirò
che quelli che sono privati della vista dovrebbero considerarsi come i
favoriti dell'espiazione. Ricordatevi che Cristo ha detto che avreste
dovuto strapparvi un occhio se esso fosse stato malvagio, e che sarebbe
stato meglio gettarlo nel fuoco piuttosto che fosse la causa della
vostra dannazione. Ahimè! Quanti ve ne sono sulla Terra che malediranno
un giorno, nelle tenebre, di aver visto la luce! Oh, sì! Felici coloro
che, nell'espiazione, sono colpiti alla vista! Il loro occhio non sarà
minimamente motivo di scandalo e di caduta; possono vivere interamente
la vita delle anime, possono vedere di più di voi che avete la vista...
Quando Dio mi permette di andare ad aprire la palpebra di uno di questi
poveri sofferenti e restituirgli la luce, io mi dico: «Cara anima,
perché non conosci tutte le delizie dello Spirito che vive di
contemplazione e d'amore? Tu non domanderesti di vedere delle immagini
meno pure e meno soavi di quelle che ti è stato dato di intravedere
nella cecità».
Oh, sì! Beato il cieco che vuol vivere con
Dio! Più felice di voi che siete qui, egli sente la felicità, la tocca,
vede le anime e può lanciarsi con loro nelle sfere spiritiste che i
predestinati della vostra Terra ancora non vedono per niente. L'occhio
aperto è sempre pronto a far peccare l'anima, l'occhio chiuso invece è
sempre pronto a farla salire a Dio. Credetemi davvero, miei buoni e cari
amici, la cecità degli occhi è sovente la vera luce del cuore, mentre
la vista è sovente l'angelo tenebroso che conduce alla morte.
E ora qualche parola per te, mia povera sofferente: spera e fatti
coraggio! Se io ti dicessi: «Figlia mia, i tuoi occhi si apriranno»,
come saresti felice! E chi può sapere se questa gioia non ti perderà?
Abbi fiducia nel buon Dio che ha creato la felicità e ha permesso la
tristezza! Io farò per te tutto quello che mi sarà permesso; ma tu, a
tua volta, prega e soprattutto rifletti su tutto quello che ti ho appena
detto».
Prima che me ne vada, voi tutti che siete qui, ricevete la mia benedizione.
(Vianney, curato d'Ars, Parigi, 1863)