3. Fare del bene senza
ostentazione è un grande merito, nascondere la mano che lo fa è ancora
più meritorio: è il segno incontestabile di una grande superiorità
morale perché, per vedere le cose da un livello più alto di quello
comune, bisogna prescindere dalla vita presente e identificarsi con la
vita futura. In una parola, bisogna collocarsi al di sopra dell'umanità
per poter rinunciare alla soddisfazione che ne deriva dalla
testimonianza degli uomini e attendere l'approvazione di Dio. Chi tiene
più al suffragio degli uomini che a quello di Dio dimostra che ha più
fede negli uomini che in Dio e che la vita presente vale per lui più di
quella futura o, persino, che non crede nella vita futura. Se sostiene
il contrario, è come se non credesse in quello che dice.
Quanti sono quelli che compiono il loro obbligo nella speranza che il
beneficiato lo vada a gridare in giro, quanti quelli che alla luce del
giorno donano ingenti somme e, quando non c'è nessuno che possa vedere,
non darebbero una moneta! È per questo che Gesù ha detto: «Quelli che fanno della beneficenza con ostentazione hanno già ricevuto la loro ricompensa». Infatti,
chi cerca la sua glorificazione sulla Terra per il bene che fa, si è
già ricompensato da solo: Dio non gli deve più niente. Gli rimane solo
la punizione per il suo orgoglio.
Non sappia la tua sinistra quel che fa la destra è una
figura retorica che caratterizza mirabilmente la beneficenza offerta
con modestia. Ma se c'è la vera modestia, c'è anche la modestia
recitata, l'immagine della modestia. Ci sono persone che nascondono la
mano che dona, avendo cura di lasciarne intravedere un po',
preoccupandosi se qualcuno non li vede nasconderla. Indegna parodia
delle massime di Cristo! Se i benefattori orgogliosi sono poco
apprezzati dagli uomini, che cosa ne sarà al cospetto di Dio? Costoro
hanno già ricevuto la loro ricompensa sulla Terra. Sono stati visti,
sono soddisfatti di essere stati visti: questo è tutto ciò che avranno.
Quale sarà dunque la ricompensa per chi fa pesare la sua beneficenza
sul beneficiato, obbligandolo in qualche modo a testimoniargli
riconoscenza e facendogli sentire la sua posizione col sottolineare il
prezzo dei sacrifici ch'egli s'impone per lui? Oh! Per costui non c'è
neppure la ricompensa terrena, perché viene privato della dolce
soddisfazione di sentire benedire il suo nome. E questo è il primo
castigo per il suo orgoglio. Le lacrime che asciuga a vantaggio della
propria vanità, anziché salire al cielo, ricadono sul cuore
dell'afflitto e lo feriscono. Il bene che fa è senza vantaggio per
quello perché gli viene rinfacciato e perché il bene rinfacciato è come
una moneta falsa e perciò senza valore.
La beneficenza senza
ostentazione ha doppio merito: oltre alla carità materiale, c'è la
carità morale. Essa rispetta la sensibilità del beneficiato e gli fa
accettare la beneficenza senza che il suo amor proprio ne soffra,
salvaguardando la dignità dell'uomo, perché colui che accetterà un
favore rifiuterebbe un'elemosina. Ora, fare di un favore un'elemosina,
per il modo in cui lo si fa, vuoi dire umiliare chi lo riceve, e c'è
sempre orgoglio e cattiveria nell'umiliare qualcuno. La vera carità, al
contrario, è delicata poiché il beneficio offerto viene nobilmente
dissimulato, per evitare che anche una minima causa possa ferire.
Infatti qualsiasi ferita morale andrebbe ad aggiungersi alla sofferenza
che nasce dal bisogno. La vera carità sa trovare parole dolci e
affabili, che mettono il bisognoso a proprio agio di fronte al
benefattore, mentre la carità orgogliosa lo schiaccia. Il massimo della
vera generosità si raggiunge quando il benefattore, invertendo i ruoli,
trova il modo per sembrare lui stesso il beneficato di fronte a colui al
quale rende un servigio. Ecco che cosa vogliono dire le parole: «Non
sappia la tua sinistra quel che fa la destra».