PUBBLICANI. Si chiamavano
così, nell'antica Roma, gli appaltatori di tasse pubbliche, incaricati
dell'esazione delle imposte e del reclutamento delle entrate di
qualsiasi natura, sia a Roma sia nelle altre parti dell'impero. Erano il
corrispettivo degli appaltatori generali, degli esattori dell'ancien régime in
Francia e di quelli che ancora esistono in alcuni paesi. I rischi che
correvano facevano chiudere un occhio sulle ricchezze che sovente
accumulavano e che, per molti, erano il prodotto di esazioni e di
profitti scandalosi. Il nome di pubblicano si estese più tardi a tutti
coloro che maneggiavano denaro pubblico e ai loro subalterni. Oggi
questo termine si usa in senso spregiativo per designare finanzieri e
faccendieri di pochi scrupoli. A volte si dice: «Avido come un
pubblicano; ricco come un pubblicano» riguardo a qualcuno che ha
accumulato una fortuna di origine sospetta.
Durante il
dominio romano, le imposte furono la cosa che gli Ebrei accettarono con
maggiore difficoltà e che causò il maggiore malcontento. Ne seguirono
numerose rivolte, poiché gli Ebrei ne fecero una questione religiosa
considerandole contrarie alla legge. Si formò anche un potente partito
alla testa del quale c'era un certo Giuda, detto il Galonita, che aveva
stabilito il principio del rifiuto delle imposte. I Giudei avevano
dunque in orrore le imposte e, di conseguenza, tutti quelli che erano
incaricati a riscuoterle. Da ciò derivò una forte avversione per i
pubblicani, a qualsiasi rango essi appartenessero. Fra di loro potevano
anche trovarsi individui stimabilissimi, ma, a causa del loro incarico,
erano guardati con disprezzo. E anche quelli che li frequentavano
venivano accomunati nella stessa riprovazione. Gli Ebrei di rango
avrebbero temuto di compromettersi stabilendo con loro stretti rapporti
personali.