Capitolo XII - AMATE I VOSTRI NEMICI
Rendere bene per male — I nemici disincarnati —
Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra —
Istruzioni degli Spiriti: La vendetta — L'odio — Il duello
Rendere bene per male
1. «Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico". Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano, affinché siate, figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto?» (...) «Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.» (Matteo 5:43-47, 20)
2. «Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno dei bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro.» (Luca 6:32-36)
3. Se l'amore del prossimo è il principio della carità, amare i propri nemici ne è la sublime applicazione, perché questa virtù è una delle più grandi vittorie riportate sull'egoismo e sull'orgoglio.
Comunque, generalmente, si fraintende sul significato del termine amare, in questa circostanza. Gesù non ha affatto inteso, con queste parole, che si deve avere per il proprio nemico la tenerezza che si ha per un fratello o un amico. La tenerezza presuppone la fiducia. Ora, non si può avere fiducia in colui che si sa che ci vuole del male. Non si possono avere con lui le effusioni dell'amicizia, perché lo si ritiene capace di abusarne. Fra persone che diffidano le une delle altre, non si potrebbero avere quegli slanci di simpatia che ci sono fra persone che hanno affinità di pensiero. Infine, non si può trarre lo stesso piacere trovandosi con un nemico piuttosto che con un amico.
Questo sentimento è proprio conseguenza di una legge fisica: quella di assimilazioni e di repulsione dei fluidi. Il pensiero malevolo invia una corrente fluidica la cui sensazione è sgradevole; il pensiero benevolo vi avvolge in un'aura piacevole. In ciò sta la differenza fra le sensazioni che si provano in presenza di un amico o di un nemico. Amare i propri nemici non vuol dire, quindi, che non si debbano fare delle differenze fra loro e gli amici. Questo precetto sembra difficile, persino impossibile da mettere in pratica, solo perché si crede erroneamente che prescriva di dare ai nemici lo stesso posto che occupano gli amici nel nostro cuore. Se la povertà del linguaggio umano obbliga a servirsi di una stessa parola per esprimere sfumature diverse di sentimenti, sarà la ragione a dover fare i distinguo secondo il caso.
Amare i propri nemici, dunque, non significa affatto provare per loro affetto — che non esiste nella natura —, poiché la relazione con un nemico fa battere il cuore in modo ben diverso da quella con un amico. Amare i propri nemici sta nel non avere contro di loro né odio né rancore né desiderio di vendetta; sta nel perdonare senza secondi fini e senza condizioni il male che ci hanno fatto; sta nel non mettere ostacoli alla riconciliazione; sta nell'augurare loro del bene anziché del male; sta nel gioire anziché soffrire del bene che può loro capitare; sta nel tendere loro una mano in caso di necessità; sta nell'astenersi in parole e azioni da tutto ciò che può danneggiarli; sta infine nel rendere loro bene per male, senza volerli umiliare. Chiunque fa ciò adempie a quanto prescrive la massima: «Amate i vostri nemici».
4. Amare i propri nemici è un non senso per il miscredente. Quello, per il quale la vita presente rappresenta il tutto, vede nel suo nemico solo un essere nocivo, che turba la sua tranquillità e crede di potersene sbarazzare solo con la morte. Da qui il desiderio di vendetta, non essendoci nessun altro interesse a perdonare se non quello di soddisfare il proprio orgoglio agli occhi del mondo. Perdonare, in certi casi, gli sembra persino una debolezza indegna di lui. Se non si vendica, conserva comunque del rancore e un segreto desiderio di fare del male.
Per il credente, e per lo Spiritista in particolare, il modo di vedere è tutt'altro, perché egli volge lo sguardo al passato e al futuro, fra i quali la vita presente è solo un punto. Egli sa che, per la destinazione stessa della Terra, deve aspettarsi di trovare degli uomini cattivi e perversi; che le cattiverie alle quali è esposto fanno parte delle prove che deve subire. Il punto di vista elevato dal quale osserva gli rende le vicissitudini meno amare, sia che vengano da uomini o da cose. Se non si lamenta delle prove, non deve lamentarsi neppure di coloro che ne sono gli strumenti. Se, invece di lamentarsi, ringrazia Dio di metterlo alla prova, deve ringraziare la mano che gli dà l'occasione di dimostrare la sua pazienza e rassegnazione. Questi pensieri lo predispongono naturalmente al perdono. Egli sente inoltre che quanto più è generoso tanto più egli cresce ai suoi stessi occhi e si trova fuori dal tiro dei dardi del suo malvagio nemico.
Come l'uomo che occupa un livello elevato su questa Terra non si sente offeso dagli insulti di colui che ritiene inferiore, così avviene per chi nel mondo morale si eleva al di sopra del mondo materiale. Egli comprende che l'odio e il rancore lo avvilirebbero e lo sminuirebbero. Ora, per essere superiore al proprio avversario, bisogna avere un'anima più grande, più nobile, più generosa.
I nemici disincarnati
5. Lo spiritista ha anche altri motivi per essere indulgente con i suoi nemici. Egli sa innanzitutto che la cattiveria non è affatto uno stato permanente dell'uomo, che essa attiene a una imperfezione passeggera e che, come il bambino si corregge dei suoi difetti, così l'uomo malvagio riconoscerà un giorno i suoi torti e diventerà buono.
Egli sa pure che la morte lo libera solo della presenza fisica del suo nemico, ma che costui può continuare con il suo odio anche dopo aver lasciato la Terra. Pertanto la vendetta fallirebbe il suo scopo e avrebbe, al contrario, l'effetto di produrre un ulteriore inasprimento che potrebbe continuare da un'esistenza all'altra. Spetta allo Spiritismo dimostrare, per mezzo dell'esperienza e della legge che regge i rapporti del mondo visibile con il mondo invisibile, che l'espressione «spegnere l'odio nel sangue» è completamente falsa e che è vero invece che è il sangue a nutrire l'odio anche oltre la tomba. Di conseguenza spetta allo Spiritismo dare una effettiva ragione d'essere e un'utilità pratica al perdono e alla sublime massima del Cristo «Amate i vostri nemici». Non ci sono cuori così perversi da essere insensibili alle buone maniere, anche se non se ne rendono conto. Con le buone maniere si elimina inoltre qualsiasi motivo di rappresaglia. Di un nemico possiamo così fare un amico prima e dopo la morte. Con le cattive maniere lo si inasprisce, ed è allora che serve da strumento della giustizia di Dio per punire chi non l'ha perdonato.
6. Si possono dunque avere dei nemici fra gli incarnati e fra i disincarnati. I nemici del mondo invisibile manifestano la loro avversione attraverso le ossessioni e i soggiogamenti, a cui molte persone sono soggette e che sono una variante nelle prove della vita. Queste prove, come le altre, aiutano l'avanzamento e devono essere accettate con rassegnazione, in quanto conseguenza della natura inferiore del globo terrestre. Se non ci fossero uomini cattivi sulla Terra, non ci sarebbero Spiriti cattivi intorno alla Terra. Dunque, se si deve avere dell'indulgenza e della benevolenza per i nemici incarnati, se ne deve avere anche per quelli che sono disincarnati.
Un tempo si sacrificavano le vittime nel sangue per placare gli dei infernali, che altro non erano che gli Spiriti cattivi. Agli dei infernali sono succeduti i demoni, che sono la stessa cosa. Lo Spiritismo viene a dimostrare che questi demoni altro non sono che le anime degli uomini perversi, i quali non si sono ancora spogliati degli istinti materiali e che si possono placare solo sacrificando il proprio odio, ossia con la carità. La carità riesce non solo a impedir loro di fare del male, ma anche a ricondurli sulla via del bene, contribuendo alla loro salvezza. È così che la massima «Amate i vostri nemici» non è affatto circoscritta alla stretta cerchia della Terra e della vita presente, ma rientra nella grande legge della solidarietà e della fraternità universale.
Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra
7. «Voi avete udito che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente". Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra; e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. Se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. Dà a chi ti chiede, e a chi desidera un prestito da te, non voltar le spalle.» (Matteo 5:38-42)
8. I pregiudizi del mondo su ciò che è stato definito convenzionalmente il punto d'onore danno luogo a quella suscettibilità ombrosa, che nasce dall'orgoglio e dall'esaltazione della personalità e che porta l'uomo a rendere ingiuria per ingiuria, ferita per ferita, cosa che appare come giustizia per colui il cui senso morale non si eleva al di sopra delle passioni terrene. È per questo che la legge mosaica diceva: «Occhio per occhio, dente per dente», legge consona ai tempi in cui viveva Mosè. Gesù è venuto e ha detto: «Rendete bene per male». Ha detto inoltre: «Non opponete resistenza al male che vi vogliono fare; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra». All'orgoglioso questa massima può sembrare codardia, perché non comprende che ci vuole più coraggio a sopportare un insulto che a vendicarsi, e ciò sempre a causa del suo modo di vedere, che non va oltre il presente. Bisogna allora prendere questa massima alla lettera? No, non più di quella che dice di strappare il proprio occhio se esso è motivo di scandalo. Portare questa massima alle estreme conseguenze sarebbe condannare ogni reazione, persino legale, e lasciare via libera ai malvagi liberandoli da ogni remora. Se non si ponesse un freno alla loro aggressività, presto tutti i buoni ne sarebbero vittima. Lo stesso istinto di conservazione, che è una legge di natura, avverte che non si deve porgere benevolmente il collo all'assassino. Con queste parole Gesù non ha dunque impedito di difendersi, ma ha condannato la vendetta, dicendo di porgere l'altra guancia quando una è stata colpita, ossia, sotto altra forma, di non rendere male al male. Dice che l'uomo deve accettare con umiltà tutto ciò che tende a contenere il suo orgoglio; che è più glorioso per lui essere colpito che colpire, sopportare pazientemente un'ingiustizia che commetterne una; che è meglio essere ingannati che ingannare, essere rovinati che rovinare. È, allo stesso tempo, la condanna del duello, che è un'altra manifestazione dell'orgoglio.
La fede nella vita futura e nella giustizia di Dio, che non lascia mai il male impunito, può solo dare la forza di sopportare pazientemente gli attacchi fatti ai nostri interessi e al nostro amor proprio. È per questo che diciamo incessantemente: «Guardate avanti; più vi elevate con il pensiero al di sopra della vita materiale, meno sarete colpiti dalle cose della Terra».
ISTRUZIONI DEGLI SPIRITI
La vendetta
9. La vendetta è uno degli ultimi relitti lasciatoci dai costumi barbari che tendono a sparire fra gli uomini. Essa è, con il duello, una delle ultime vestigia di quegli usi barbari sotto i quali si dibatteva l'umanità agli albori dell'era cristiana. È per questo che la vendetta è un indizio certo dello stato arretrato degli uomini, che se ne vanno liberando, e degli Spiriti che possono ancora ispirarla. Dunque, amici miei, questo sentimento non deve mai far vibrare l'animo di chiunque si dica e si affermi spiritista. Vendicarsi, lo sapete, è talmente contrario a questa prescrizione di Cristo: “Perdonate i vostri nemici!» che chi si rifiuta di perdonare, non solo non è Spiritista, ma non è nemmeno Cristiano. La vendetta è un'ispirazione così più funesta che la falsità e la bassezza sono sue compagne inseparabili. In effetti, chi si abbandona a questa fatale e cieca passione non si vendica quasi mai apertamente. Quando è il più forte, aggredisce come un animale selvatico colui che chiama suo nemico, accecato dalla passione, dalla collera e dall'odio. Ma più frequentemente assume un atteggiamento ipocrita, dissimulando nel profondo del suo cuore i cattivi sentimenti che lo animano. Prende vie traverse, segue nell'ombra il suo nemico, il quale nulla sospetta, e attende il momento propizio per colpirlo senza venirne danneggiato. Si nasconde alla sua vista spiandolo continuamente, gli tende degli odiosi tranelli e, all'occasione, mette del veleno nel suo bicchiere. Quando il suo odio non giunge a queste estreme conseguenze, lo attacca nella sua onorabilità e nei suoi affetti. Non indietreggia davanti alla calunnia, e le sue perfide insinuazioni, abilmente sparse ai quattro venti, vanno gonfiandosi cammin facendo. Così, quando il perseguitato si presenta negli ambienti dove è passato il soffio velenoso del suo calunniatore, si meraviglia di incontrare visi freddi che prima conosceva amichevoli e benevoli. Si stupisce quando mani, che una volta cercavano la sua, si rifiutano di stringergliela. Infine è annientato quando i suoi amici più cari e vicini si girano e lo sfuggono. Ah! Il vile che si vendica così è cento volte più colpevole di chi affronta direttamente il nemico e lo insulta a viso aperto.
Via dunque questi barbari costumi! Via questi usi di altri tempi! Qualsiasi Spiritista che pretendesse di avere ancora oggi il diritto di vendicarsi sarebbe indegno di continuare a far parte della falange che ha assunto il motto: ,Fuori dalla carità, nessuna salvezza!» Ma no, non saprei arrendermi all'idea che un membro della grande famiglia spiritista possa mai cedere in futuro all'impulso della vendetta anziché a quello del perdono.
(Jules Olivier, Parigi, 1862)