17. Lo Spiritismo consegue
ancora, sotto questo aspetto, un altro risultato pure positivo e forse
più determinante. Ci mette in contatto con gli stessi suicidi che
vengono a darci conto della loro situazione infelice, dimostrandoci che
nessuno deve violare impunemente la legge di Dio, la quale vieta
all'uomo di abbreviare volontariamente la sua vita. Ci sono, fra i
suicidi, alcuni la cui sofferenza, pur essendo temporanea anziché
eterna, non è meno terribile. Essa è tale, anzi, da indurre a riflettere
chiunque fosse tentato di partire da qui prima che Dio lo ordini. Lo
spiritista ha dunque molte ragioni che si contrappongono al pensiero del
suicidio: la certezza di una vita futura, nella quale sa che sarà tanto più felice quanto più sarà stato infelice e rassegnato sulla Terra; la certezza che,
abbreviando la sua vita, arriverà proprio al risultato opposto a quello
sperato; che affrancandosi da un male se ne procura uno peggiore, più
duraturo e più terribile; che si sbaglia se crede, uccidendosi, di
andare più in fretta in Cielo; che il suicidio è un ostacolo al
ricongiungersi nell'altro mondo agli affetti che sperava di ritrovare.
Da cui consegue che il suicidio, non dando che disillusioni, è contro il
suo stesso interesse. Così il numero di suicidi evitati dallo
Spiritismo è considerevole, e si può concludere che, quando tutti
saranno spiritisti, non ci saranno più suicidi coscienti. Confrontando
dunque i risultati delle Dottrine Materialistiche con quella spiritista
dal solo punto di vista del suicidio, si constata che la logica dell'una
vi ci conduce, mentre la logica dell'altra ve ne distoglie, cosa
confermata dall'esperienza.